Le storie de Il Bosco: intervista a Giorgio Vacchiano

In questa breve intervista tratta dal nostro podcast "IL BOSCO | Racconti di sostenibilità", Giorgio Vacchiano, ricercatore in gestione e pianificazione forestale, ci racconta la sua vita tra alberi e boschi.

Le storie de Il Bosco: intervista a Giorgio Vacchiano

Giorgio Vacchiano ci racconta le storie del bosco, spiegandoci l'importanza di salvaguardare questi ecosistemi e le preziose lezioni ci possono insegnare.

Giorgio Vacchiano

Giorgio Vacchiano
Ricercatore in gestione e pianificazione forestale presso l’Università Statale di Milano - Dip. Scienze Agrarie e Ambientali

Come nasce questa passione di stare nei boschi?

Nasce proprio raccontando una storia: negli anni dell’infanzia frequentavo spesso la montagna con i miei genitori e la mia famiglia e si facevano queste escursioni estive.

[…] Ma il primo rapporto con il bosco è stato proprio la necessità di raccontare: avevo 13/14 anni e giocavamo con gli amici a questi giochi di ruolo che si fanno ancora adesso in ambientazione fantasy-medioevale e dovevo raccontare a loro il passaggio, l’attraversamento di un bosco, qualcosa a cui non avevo mai prestato attenzione da piccolo; una foresta, tra l’altro, di abeti e pini, specie che vediamo anche intorno a noi oggi. E ho deciso di andarci perché avevo bisogno di vedere com’era fatto per poterlo raccontare meglio.

Questo è stato il primo contatto.

Nel libro “La resilienza del bosco” emerge che i boschi e le foreste, anche senza l’uomo, si possono salvare da soli…

Sì, pensiamo che i boschi esistono da 400 milioni di anni, quindi un tempo 100 volte superiore a quello da cui siamo in giro noi come genere homo, come genere umano. Quindi, hanno avuto davvero molto tempo per adattarsi ed imparare a resistere anche agli eventi più forti, più sfavorevoli, quelli che a noi sembrano catastrofi senza appello, senza ritegno […].

C’è solo una cosa che può mettere in difficoltà questa resilienza ed è quando noi stessi la mettiamo a rischio; quindi quando stressiamo così tanto l’ambiente che ci ospita e da cui dipendiamo da mettere in atto cambiamenti così veloci che anche le piante, anche la loro grande capacità di resistere non riesce tanto ad affrontarlo.
Pensiamo ad esempio al fuoco: le piante hanno sempre convissuto col fuoco. Gli incendi naturali esistono da quando esistono le piante sulle terre emerse su questo pianeta […]. Per noi l’incendio è qualcosa che non deve esserci nel bosco, non è così: magari può esserci raramente per piante che lo sopportano male e hanno la corteccia sottile, può esserci molto più frequentemente anche se di bassa intensità in piante con la corteccia spessa. […] Questo funziona a patto che invece il fuoco non diventi molto più intenso.

Uno scatto durante le registrazioni dell'episodio con Giorgio Vacchiano
Uno scatto durante le registrazioni dell'episodio con Giorgio Vacchiano

Tu parlavi quindi di incendi naturali. Quando c’è l’uomo di mezzo è sempre una devastazione?

Si rischia di mandare fuori equilibrio anche questi fenomeni: abbiamo imparato che anche questi che chiamiamo “disturbi” sono in realtà parte delle dinamiche dell’ecosistema fino a un certo punto.

Questa è la lama sottile della resilienza del bosco: grande capacità di adattamento finché le perturbazioni ambientali avvengono così come sono sempre avvenute.
Se cambiano troppo rapidamente l’albero ci mette un po’ ad adattarsi e a condizioni di rischio, non solo per lui ma anche per noi.

C’è, quando stai nel bosco, qualcosa che ti ha cambiato come persona e ha cambiato anche la tua ricerca?

Sì. Quello che dico spesso ai miei studenti appena entriamo in bosco è provare ad immaginare come diventerà il bosco tra 50 anni, in un tempo futuro, un tempo che per gli alberi è relativamente breve tra l’altro, ma per noi può essere una vita intera. Questo perché il bosco ti insegna una diversa concezione del tempo.

Un esercizio che tutti possono fare: invece di guardare ad altezza occhi quando entriamo nel bosco, provate a guardare il bosco del futuro, provate a guardare per terra le piccole piantine, a cercare quegli alberi che magari sono 2-3-5 cm di altezza, sono molto piccoli ma sono loro quelli che cresceranno nella foresta tra 20, 30, 50 anni, quando magari ci torneremo alla fine della nostra vita. E questo ti insegna che anche il bosco cambia, cambia con i suoi tempi, è un film, non è una fotografia.

Quindi lavorare con il bosco, studiare le storie del bosco, raccontarle cambia molto il modo in cui percepiamo il tempo in cui viviamo. La nostra vita diventa molto breve, ma quindi anche molto preziosa, soprattutto di fronte ad alberi che vivono magari migliaia di anni.

 

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Pubblicato in: Marlegno, Racconti di sostenibilità, Sostenibilità
Data: 19.02.24
Tags: marlegno, podcast, sostenibilità